del Dott. Cipolla Costantino
Anna Paltrinieri Casella (il primo è il cognome del marito con il quale lei si è quasi sempre firmata) è stata una autorevole antropologa culturale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Venuta a mancare da poco più di un anno, voglio qui “riviverla” soprattutto per rapporto ideale e pratico alla Fondazione Senza Frontiere, con la quale in vita ed anche dopo la sua vita essa è rimasta legata per questioni intellettuali, di vicinanza affettiva, di condivisione di principi sociali di base.
Mi spiego meglio.
Durante questa estate è andata a buon fine la donazione da parte della famiglia Paltrinieri (Cesare, papà, Irene Cora Paltrinieri, Giambattista Paltrinieri, Carlo Galdravio Paltrinieri, figli di Anna) alla Associação Italia De Fomento Socio-Ambiental (AIFSA), associazione senza scopo di lucro di diritto brasiliano, supervisionata e controllata dalla Fondazione Senza Frontiere, di un palazzetto neo-coloniale portoghese, sito nel centro di Sao Luis nello Stato del Maranhao. Si tratta di un edificio del 1600 facente parte del primo nucleo storico dell’edificazione di Sao Luis. Come si può ben comprendere, l’operazione è stata effettuata anche per interpretare una precisa e lontana nel tempo volontà di Anna. Accenniamo a qualche elemento o ragione di questa vocazione.
Anna nacque e crebbe in una famiglia di condizioni piuttosto modeste di Castel Goffredo. L’arrivo di sei figli e la morte prematura del padre caricarono sulla madre il peso morale ed economico di mandare avanti la “baracca”, come si dice correntemente da quelle parti. Anna fu coinvolta in questo percorso, essendo la primogenita, fatto di duro lavoro e di tanto sacrificio. Eppure riuscì, con pacatezza e amore, come nel suo stile, a lavorare, studiare e fare tre figli. La forza delle donne lombarde, sorretta da una profonda fede cattolica, trovava ed ha trovato in lei un esempio o un’interprete di indubbia autenticità. Nonostante tutti questi impegni, Anna decise, dopo la laurea, di dare corso a una sua vocazione e cioè di tentare la carriera accademica in una materia che di fatto la costringeva a girare il mondo al fine di conoscere le culture del mondo. In questa fase, le sorelle (Livia, Carla e Tiziana) ebbero un ruolo di supporto (per i figli) non secondario.
Ebbene a partire dal 1993, Anselmo Castelli, attuale presidente della Fondazione Senza Frontiere scrive una presentazione, quale Presidente della Cassa Rurale ed Artigiana di Castel Goffredo, al volume “Annunziate alle isole più lontane” (a cura di M. Lunghi), dedicato alla Papua Nuova Guinea, con un saggio della dott.ssa Casella, verso i quarant’anni e artefice dell’operazione. Successivamente, Anselmo porterà anche la sua Fondazione in quelle terre così lontane. Nel prosieguo del suo percorso accademico, cominciato piuttosto tardi, Anna scriverà nel 2000 un volume (ormai docente) su Miranda do Norte (nei dintorni di Sao Luis) dal titolo “Dalla città immaginata alla vita urbana” (Franco Angeli). In questa stessa città approderà poco dopo la Fondazione di Anselmo, oggi ancora presente in quei luoghi. Nel 2005, avviene il grande salto perché Anna studia proprio il progetto di sviluppo rurale di Santa Rita della Fondazione Senza Frontiere. Titolo del volume “Cultura contadina e cooperazione nel Sud del Maranhao (Brasile)”. Non posso in questa sede entrare nel merito di questa indagine e nel confronto valoriale fra Anna ed Anselmo. Intendo, però, concludere queste mie brevissime annotazioni con una proposta o una chiave di lettura a valenza generale e che auguro possa essere portata avanti in modo ben più approfondito in futuro.
Ho conosciuto intellettualmente e personalmente Anna per ragioni accademiche, amicali e geografiche (mia moglie Maria è di Castel Goffredo) e, dall’altro versante, ho addirittura scritto un volume con Anselmo dal titolo “Una solidarietà “altra”. La Fondazione Senza Frontiere in Brasile”, Franco Angeli, Milano 2019. Cosa fa congiungere o convergere questi due “personaggi” al punto che, conosciutisi giovani in un istituto tecnico dedicato all’agricoltura (cattolico), spingendo in vita e dopo la vita, addivengono alla donazione detta che ne cementa le idealità laiche e religiose. È questo un esempio esemplare, difforme ma confluente, del grande cattolicesimo sociale lombardo. Anna come testimonia la sua vita è sempre stata attenta ai poveri, al ruolo della donna, alla sua emancipazione e questo in tutte le parti del mondo con fede e passione e disinteressatamente. Ovviamente, ha espresso questa sua solidarietà allargata nei suoi scritti, nelle sue ricerche, nelle sue manifestazioni culturali varie, tra cui quelle museali: un museo, dedicato al Nord-Est del Brasile, è stato costruito a casa di Anselmo. Questi, da par suo, ha battuto strade diverse, commerciali e manageriali, ma sempre applicando in questo contesto intenti solidaristici verso gli ultimi (o quasi) della terra. La sua Fondazione, ecosolidale, ritengo sia un’ampia e documentata dimostrazione palpabile di tutto questo. Anselmo si è, tra l’altro, spogliato di ogni proprietà a titolo personale.
Non vado oltre. Non beatifico nessuno e tanto meno i miei più cari amici, ma quando un’esistenza è esemplare e condotta nel segno di “ama il prossimo tuo come te stesso” speso nella vita reale, chiunque non può che esplicitare questi valori e assumersi la responsabilità morale di quello che scrive.