Sono passati 34 anni da quando, tra l’entusiasmo e le polemiche, il
Live Aid accese i riflettori sulla
carestia in Etiopia, dove in quel momento la fame uccideva oltre 40.000 persone al mese. Da allora l’agenda dei potenti è cambiata parecchio e temi come la
malnutrizione, la
povertà e il
cambiamento climatico non sono più il vessillo dei movimenti altermondisti culminati e bastonati al G8 di Genova nel 2001, ma target strategici di big globali come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale.
Eppure, sebbene per anni il trend della
fame nel mondo sia calato, la curva si è invertita nel 2015 anche sulla scia della crisi economica del 2008 e da lì in poi è rimasta critica a un livello lievemente inferiore all’11%: vale a dire che oggi con 820 milioni di persone senza nulla da mangiare l’obiettivo Fame Zero, fissato dalle Nazioni Unite per il 2030, è lontano anni luce e, come se non bastasse, è stato affiancata da una
nuova sfida alimentare, l’obesità, opposta e complementare all’altra nel circolo vizioso della malnutrizione,
2 miliardi di persone sovrappeso di cui oltre un terzo obese.
Secondo l’ultimo rapporto Fai sulla situazione della fame del mondo,
ci sono oggi più persone obese che persone che soffrono la fame. “Il numero di persone
sovrappeso e obese non cessa di aumentare e mentre la fame riguarda zone circoscritte l’obesità è ovunque” ripete da mesi il direttore generale della Fao José Graziano Silva, denunciando la “mondializzazione dell’obesità”. Il senso è che in alcuni Paesi il cibo non c’è, ma in molti altri ce n’è in qualità scadentissima e a basso costo, buona per le tasche delle famiglie più disagiate, ma pessima per la loro salute.
Sembra un paradosso associare la carenza di cibo al sovrappeso, ma è solo apparente. Basti pensare che dei 20 Paesi dove l’obesità è aumentata di più, otto sono africani. Il guaio, spiega la Fao, è il consumo crescente di
alimenti industriali, lavorati, poco nutritivi me zeppi di grassi, zucchero e additivi chimici. Il risultato è la cifra mostruosa di 3,4 milioni di persone che ogni anno muoiono per problemi legati all’obesità. Il fenomeno, sebbene maggiore nei Paesi a basso reddito, avanza in modo esponenziale ovunque, soprattutto tra i bambini in età scolare ma anche tra gli adulti. Nel 2018 la Fao stimava 40 milioni di minori di 5 anni soprappeso. Il costo economico della malnutrizione è altissimo, un vettore che cresce con le disuguaglianze economiche e sociali.
Urgono incentivi finanziari perché le persone acquistino prodotti sani, politiche di tassazione dei prodotti ad alto contenuto di sali, zuccheri e grassi, coupon per aiutare i gruppi vulnerabili ad acquistare cibo fresco al mercato e campagne informative per rendere i consumatori consapevoli di cosa mangiano.
All’epoca del Live Aid l’Etiopia fu uno shock lontano, ma
stavolta l’emergenza è qui: nel cortile di casa.