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Il gladiatore pacifico: intervista a Fausto De Stefani

22/05/2015

Il gladiatore pacifico: intervista a Fausto De Stefani

Riportiamo di seguito l'intervista fatta a Fausto de Stefani relativa alla nostra scuola Rarhail Memorial School e all'attuale situazione in Nepal.

“In Nepal il primo problema è la corruzione. Le compagnie aeree se ne stanno approfittando alzando i prezzi dei biglietti, il costo del cibo sta crescendo a livelli inverosimili, il mercato nero è in agguato. Io ho sempre creduto alla politica come espressione nobile, dove non c’è politica c’è il Nepal, il nulla”. Ha scalato tutte le quattordici vette del mondo, ora Fausto De Stefani ha l’ascesa più difficile da compiere: portare nuovi aiuti in Nepal con la sua Fondazione Senza Frontiere. Da più di dieci anni si dedica alla raccolta fondi per la “sua” scuola a Kirtpur, cinque edifici nei quali i bambini più poveri possono accedere all’insegnamento, altrimenti negato. La Rarahil Memorial School” è una scuola no profit con 800 ragazzi dai tre ai diciotto anni, i più poveri frequentano la scuola gratuitamente.

 

Com’è la situazione a Kirtpur?
Gli edifici sono perfetti, non hanno subito lesioni. Solo le mura di cinta hanno subito danni, ma per colpa del cattivo materiale utilizzato e perché non sono stati costruiti come avevamo indicato. Le scuole potrebbero essere già aperte, ma la Fondazione Senza Frontiere ha preferito mettere a disposizione gli edifici per l’emergenza. Emergenza sanitaria e alimentare, soprattutto.

 

Vi sono ostacoli da parte delle autorità?
Potremmo essere molto più efficaci se il governo ci desse una mano. Invece ha inviato una circolare in cui dice che chi viene a mangiare da noi, e non nei centri decisi dalle autorità, gli tolgono il sussidio, promesso ma finora mai dato. Ci stanno creando un sacco di problemi: noi siamo disposti a portare il cibo dove vogliono loro. Basterebbe un decreto governativo che sbloccasse questa impasse sulla distribuzione del cibo, per portare aiuti sanitari e allestire le tendopoli. Abbiamo già inviato tutto ma è bloccato all’aeroporto di Kathmandu.

 

Pare incredibile di fronte a una simile tragedia.
Non c’è coordinamento, mi auguravo che la comunità internazionale si mettesse attorno a un tavolo con il governo nepalese e non è successo. Invece le compagnie aeree si stanno approfittando sui prezzi dei biglietti, il costo del cibo sta crescendo a livelli inverosimili, il riso soprattutto. Bisogna arrivare a qualche rimedio. Se parte il mercato nero non lo fermi più; durante le emergenze c’è sempre qualcuno che se ne vuole approfittare.

 

Pensa di andare in Nepal?
Lì, c’è un nostro collaboratore, che lavora con i vigili del fuoco a coordinare la distribuzione delle tende. Abbiamo acquistato 200 tende e stiamo allestendo la tendopoli. Utilizzeremo anche dei teloni aperti ai lati e pali di bambù. I nepalesi li preferiscono perché le normali tende chiuse diventano dei forni sotto il sole.

 

Vi sono, però, modi diversi di affrontare le emergenze.
I nepalesi, che hanno avuto dei privilegi, non li dividono con altri. Che questo sia chiaro! Tutto il mondo è paese e i nepalesi non sono migliori di altri.

 

Quanto tempo ci vorrà per ripristinare una situazione, per così dire, normale?
Occorrono mesi e mesi. Secondo me, se non interviene la comunità internazionale, non ne usciamo. Era già un Paese in ginocchio, adesso è completamente al tappeto e se va avanti così va sottoterra. Non c’è volontà, non c’è coordinamento ad affrontare davvero l’emergenza.

 

Oltre la negligenza, il problema è la corruzione?
La corruzione se c’è da noi, lì è a livelli stratosferici. Io l’ho denunciata già 10 anni fa, però non se ne esce. La voglia di arricchirsi in breve tempo è sempre in agguato e molti se ne approfittano. La corruzione è al primo posto. Io ho sempre creduto alla politica come espressione nobile, dove non c’è politica c’è il Nepal, il nulla.

 

Cosa ne pensa della strage di alpinisti ai piedi dell’Himalaya? C’erano mille scalatori che aspettavano il loro turno per salire sulla montagna più alta del mondo. Sembra un enorme parco giochi.
Già quella è una piccola tragedia, trovarsi in mille ai piedi della montagna è un alpinismo che è lo specchio di una società malata.

 

Lei fa parte del Tavolo trentino per Nepal, che cosa si aspetta?
Come Fondazione Senza Frontiere - ONLUSsiamo abituati a predisporre un progetto e finirlo. La Provincia di Trento ci crede.

 

La solidarietà sembra funzionare.
Con queste iniziative di solidarietà non risolviamo il problema del Nepal, altrimenti prendiamo in giro i cittadini, anche quelli che ci aiutano e nel caso dell’emergenza sono tanti: molti trentini e lombardi. Ma non facciamo illudere. Noi possiamo fare la nostra parte in modo serio, in modo trasparente, ma è talmente grande la tragedia… Se prima il Nepal era in ginocchio, ora è difficile che si risollevi in pochi anni. È difficile ma non voglio demoralizzarmi e mi batto con tutte le mie forze: da gladiatore pacifico.